The nature of the numbers: Paul Hobbs on alcohol

La natura dei numeri: Paul Hobbs ci parla di Alcool

Il cambiamento climatico e l’influenza di Robert Parker hanno innegabilmente sdoganato un aumento vertiginoso del livello alcolico. I numeri, tuttavia, sono solo numeri, come abbiamo scoperto dalle degustazioni e conversando con Paul Hobbs, uno dei protagonisti della Napa Valley.  

Chiunque abbia avuto la sfortuna di assaggiarne una versione analcolica, sa che l’alcol è la chiave del vino. Se lo si toglie, si lascia un vuoto incolmabile nel bicchiere, privando il prezioso nettare di corpo e aroma. Chi sperimenta alternative analcoliche, prova a compensarne l’assenza con zucchero o aromi, ma i risultati sono ben lontani dal vino vero. E, ça va sans dire, è il processo stesso di fermentazione a determinarne la complessità: c’è un motivo per cui non stiamo raccogliendo esempi in un unico sito anche del miglior succo d’uva non fermentato. 

L’alcol, tuttavia, è un argomento scottante, non solo per motivi legati alla salute. Le mode e i cambiamenti climatici hanno visto aumentare la media degli ApV (alcoli per volume). In effetti, secondo un rapporto dell’anno scorso di Liv-ex, il livello medio di alcol è balzato di quasi un punto rispetto agli anni ‘90, sia in California, sia a Bordeaux. Se un tempo il 14 o il 14,5% poteva essere appannaggio solo del Nuovo Mondo, in breve è diventato la norma a Bordeaux. 

Una delle spiegazioni è da attribuire all’aumento delle temperature, così come la tecnologia e il know-how, l’uva più pulita e matura alla vendemmia e una vinificazione più efficiente. Poi, chiaramente, c’è il fattore moda, con Robert Parker che detta legge nella produzione di vini audaci, maturi, amabili e, inevitabilmente, ad alto contenuto alcolico. 

“Parker amava quel peso, quell’impressione di amabilità,” mi racconta Paul Hobbs. “Siamo saliti sul carro, ma non sapevamo di esservi saliti”. Nome di culto, Hobbs produce alcuni dei Cabernet più pregiati e costosi della Napa Valley; Parker lo ha nominato per ben due volte Personaggio dell’Anno nel mondo del vino. 

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L’iconico produttore mentre osserva le viti delle sue terre nella Napa Valley. 

 

Nessun dubbio sul fatto che i vini di Hobbs siano ricchi e sontuosi, con un grado alcolico che non si ferma al 12,5%; per Hobbs, tuttavia, l’alcol è ben più di un semplice numero. “All’inizio non ci facevo molto caso”, afferma Hobbs. “E non ce n’era neanche motivo, a dire il vero”. I vini di Mondavi si aggiravano sui 13,5%, ma poi il grado alcolico ha cominciato ad aumentare. “C’è stato un periodo in cui il 16% era la normalità”, confessa con un certo stupore. 

“Alcuni di questi vini erano difficili. Non invecchiavano. Si stancavano solo”, afferma Hobbs. “C’è voluto tempo per rendersene conto; nessuno di noi aveva esperienza nel settore”. Hobbs osserva che la stampa britannica si è scagliata contro i vini che non assecondavano il palato dei vari “Hugh Johnson, Jancis Robinson e Anthony Rose”; una risposta ritenuta chiaramente un po’ ingiusta.  

“La questione va ben oltre i numeri in sé”, afferma. “15 non è sempre 15”. E, a dire il vero, l’alcol non si esprime sempre nello stesso modo. Quante volte vi è capitato di guardare l’etichetta di un vino e di rimanere sorpresi, nel bene o nel male? L’alcol è un elemento che va di pari passo con la corposità, la concentrazione e la complessità aromatica di un vino; non esiste un dato semplice per dirci come si integra con questi altri componenti. 

C’è un altro motivo per cui lo stesso grado alcolico può esprimersi in modo così diverso: la natura dell’alcool. L’alcol principale del vino è l’etanolo (una molecola composta da due atomi di carbonio), ma la fermentazione produce altri tipi di alcol, in particolare gli alcoli superiori. Noti anche come fuseloli, dal tedesco “Fuselöl” un termine colloquiale che indica alcolici di bassa qualità, questi alcoli sono composti da tre a sei atomi di carbonio nella loro forma molecolare e sono molto più viscosi (ecco perché "oli"). Mentre l’etanolo è puro e relativamente neutro, questi alcoli superiori, in volumi più bassi, possono apportare aroma, consistenza e un tocco particolare. “È ciò che lo differenzia dalla vodka”, spiega Hobbs. Gli esanoli possono aggiungere note erbacee; il 2-feniletanolo regala un profumo di rosa, ma spesso sono anche associati a mal di testa e sintomi post-sbornia. Nel mondo dei liquori, i fuseloli sono quelli che escono per ultimi dall’alambicco, formando le “code” della distillazione, che vengono utilizzate in misura variabile a seconda del tipo di acquavite prodotta. 

“L’alcol è tutto uguale? Beh, sì e no”, dice Hobbs. Secondo lui, è il numero elevato di questi alcoli superiori che può rendere un vino con un grado alcolico pari al 15% ingombrante e pesante, mentre un altro, con livelli di fuseloli inferiori, può apportare facilmente lo stesso ApV. 

La produzione di questi alcoli superiori dipende da molti fattori: ceppo di lievito, temperatura, ossigeno e acidità. In generale, le uve rosse producono una maggiore quantità di composti (e questo è in parte il motivo per cui i liquori tendono a utilizzare uve bianche come base). Secondo Hobbs, tuttavia, tutto dipende dal vigneto; ha iniziato a notare che se gli acini sono danneggiati dal calore, producono alcoli più elevati.  

“Il nostro obiettivo è quello di contenere il più possibile questi alcoli superiori; questo significa semplicemente raccogliere frutta non danneggiata dal sole”, spiega Hobbs. Sotto il caldo sole californiano, a inizio stagioni non è inusuale subire danni dovuti al sole, ma gli acini raggrinziti tendono a staccarsi da soli dai grappoli in fase di sviluppo; preoccupano di più i grappoli che possono essere danneggiati internamente e che poi non passano l’invaiatura, dovendoli poi scartare. A fine stagione, Hobbs e il suo team passano tra le viti per eliminare le “spalle” (l’ammasso laterale sulla sommità del grappolo) che sono state esposte. A causa del riscaldamento globale, questa minaccia si fa sempre più sentire; è solo di recente che questo aspetto del cambiamento climatico ha iniziato ad esser preso in considerazione.  

Se l’uva risulta scottata o raggrinzita, fa più fatica a fermentare e i lieviti sotto stress producono una quantità maggiore di alcoli superiori. “Al palato, il vino risulterà grasso e pesante”, ci fa notare Hobbs. “L’alcool può essere ridotto aggiungendo acqua, ma la sua personalità non cambia”. Se l’uva è in buona saluta, ci dice, il problema non sussiste, nemmeno a 15,5%. E questi vini, se sono equilibrati, sono straordinari. 

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Maestosa: la tenuta Paul Hobbs Katherine Lindsay nella Russian River Valley 

Nel 2011, Rajat Parr (famoso sommelier diventato enologo) e Jasmine Hirsch (di Hirsch Vineyards) hanno fondato “In Pursuit of Balance (IPOB)”, un’organizzazione volta a promuovere vini più leggeri che, a loro avviso, “non andavano a caccia di giudizi da parte dei critici”. La caratteristica di questi vini della “nuova California” (Jon Bonné pubblicò il libro “The New California Wine” nel 2013) era di avere alcoli bassi e meno legno, ribaltando i dettami di Parker; per molti versi era una sorta di movimento dissidente. Nel 2016 ho partecipato all’ultima degustazione IPOB di Londra, approfittando del momento, visto che il movimento si sciolse; la reputazione di una California alternativa era stata creata; pertanto, la loro missione poteva ritenersi conclusa.  

Senza dubbio, Paul Hobbs si ritrova dalla parte opposta dello spettro enologico della California (“Davvero tutti i vini dovrebbero avere un grado alcolico di 13,5%?” mi chiede. “Perché è quello il numero magico?”). Dal punto di vista filosofico, tuttavia, sono stranamente allineati. Non è una questione di numeri, ma di equilibrio. Hobbs, come ogni manifesto del movimento della nuova California, dirà che il segreto va ricercato nel vigneto. La sfida sta nel coltivare e raccogliere l’uva perfetta, per trovare il punto di equilibrio tra aroma, zucchero e maturazione fenolica. “È una danza tra l’uomo e la natura”, mi spiega Hobbs. Lascia perdere la matematica, qui si parla di agricoltura. 

UNA NOTA SUI NUMERI  

A rigore, il grado alcolico riportato sull’etichetta non corrisponde esattamente al contenuto della bottiglia. Per i vini venduti nell’UE e nel Regno Unito (sia quelli prodotti qui che quelli importati), ai produttori viene concesso un margine di manovra dello 0,5%, il che significa che ciò che è riportato sulla bottiglia corrisponde, in genere, al suo contenuto. Negli Stati Uniti e in Australia, tuttavia, i vini venduti sul mercato nazionale possono differire anche dell’1,5% dall’etichetta, il che significa che un vino etichettato come 14% potrebbe essere compreso tra il 12,5 e il 15,5%. 

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